Il Messo Notificatore

Posts written by Facile

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    Sono dell'idea che, se vuole dormire sonni tranquilli, il messo deve attenersi, per quanto oggettivamente possibile, a quello che prevedono le norme, né più né (soprattutto) meno. Qui mi pare che siamo nel caso "qualcosa di più".

    Posso sbagliare, ma trattandosi dell'art. 139 e considerando che della firma per ricevuta e della modalità in cui viene raccolta si "dovrebbe" dare atto nella relata, sicuramente non farei firmare per ricevuta direttamente sull'atto prima di chiuderlo nella busta: primo perché tale ricevuta non mi risulta sia prevista; secondo perché una firma direttamente sull'atto da parte di persona diversa dal destinatario dimostrerebbe che la consegna è avvenuta con modalità che NON garantivano la riservatezza (è per tale motivo che, quando si consegna a persona legittimata ma diversa dal destinatario, si mette l'atto in busta chiusa e sigillata).

    Può avere senso fare firmare al consegnatario una ricevuta a parte, ma solo al fine di fargli in tal modo dichiarare, e dunque per poter se caso documentare, che la consegna è avvenuta in busta chiusa e sigillata tale da garantire appunto la riservatezza. Ma considerato che tale modalità "dovrebbe" essere descritta nella relata e che quest'ultima fa fede fino a querela di falso, tale ricevuta sembrerebbe superflua. Dipende fino a che punto il messo intende tutelarsi in caso, appunto, venga chiamato (dal giudice) a rispondere di quello che ha scritto in relata circa la tutela della riservatezza. Comunque, come dicevo sopra, se il messo fa firmare una ricevuta a parte, il fatto dovrebbe risultare dalla relata. In tal caso, questa (cioè la relata) citerebbe un fatto/adempimento (firma per ricevuta) che, non essendo contemplato dalla norma, non è richiesto per la validità della notifica. E tra l'altro finirebbe per porre un'altra questione: chi e a che titolo conserverà questa ricevuta...?
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    Il comma 4 dell'art. 139 prevede che il messo specifichi in relata le modalità con le quali «ha accertato l'identità» (non la qualità: l'identità) del portiere o del vicino. In questo forum c'è tutta una pregressa discussione sul tema, con citazioni di corsi, ecc., dove qualcuno afferma che il messo non è tenuto a chiedere documenti di identità anche perché non è un agente di pubblica sicurezza e non può certo chiamare le FF.OO. in caso di rifiuto, ecc...

    L'identità, di norma, si «accerta» tramite esibizione di un documento personale. Così agiscono, per esempio, gli ufficiali d'anagrafe. Nemmeno loro sono agenti di P.S. ma esigono l'esibizione del documento e, in caso di rifiuto, dubito che svolgano ugualmente un servizio se questo presuppone, in quanto richiesta dall'ordinamento, l'identificazione dell'interessato. Ora, prima di stabilire se il messo, pubblico ufficiale pure lui, debba procedere allo stesso modo, consideriamo la possibilità, estrema anzi improbabile ma pur sempre possibile, che il portiere dello stabile o il vicino di casa, pur dichiarandosi tale nonché disponibile a prendere in consegna l'atto, rifiuti sia di esibire il proprio documento sia di fornire in alcun modo le proprie generalità. Chiedo: in tal caso il messo farebbe ricorso all'art. 140 (impropriamente, data la disponibilità di un portiere/vicino di prendere in consegna l'atto) o proseguirebbe nell'iter con l'art. 139 (specificando bene in relata il fallito tentativo di identificazione del portiere/vicino)? Tra le due ipotesi, propenderei per la seconda.

    Questo mi porta ad interpretare la norma nel senso che al messo non viene chiesto di accertare per forza l'identità (cognome, nome, ecc.) del sedicente portiere/vicino, ma "solo" di specificare in quale modo lo ha identificato o ha tentato di farlo; secondo questa logica ha il dovere di chiedere, in primis, l'esibizione di un adeguato documento personale, proprio come farebbe l'ufficiale d'anagrafe. Se poi il tentativo riesce in tutto (esibisce il documento) o in parte (dichiara generalità ma rifiuta il documento) o non riesce per niente (rifiuta sia documento sia generalità), il messo ne darà atto in relata, "specificando" appunto in che modo ha accertato, o tentato di accertare, l'identità del consegnatario.

    Che ne dite?

    Edited by Facile - 24/7/2023, 13:47
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    Se l'atto viene consegnato a persona legittimata diversa dal destinatario, il messo chiude l'atto in busta che provvede a sigillare per esigenze di riservatezza. Ma (domanda un po' provocatoria) quale norma prevede che in tal caso il consegnatario rilasci ricevuta?
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    CITAZIONE (sterob64 @ 20/6/2023, 14:56) 
    Sicuramente prima di notificare l'atto arrivato a/m pec ne devi fare una copia analogica conforme utilizzando l'art 137 cpc terzo comma che ti da' la possibilita' di farlo senza avere le autorizzazioni per fare copia conforme.
    Alla restituzione dell'atto notificato a/m pec , attesti che la scansione è conforme ai documenti originali ai sensi del CAD D.Lgs. 7/3/2005 nr 82 firmando digitalmente un file unico. Ciao

    In sede di restituzione a mezzo PEC dell'atto corredato della relata di notifica:

    Che formula usi per attestare, ai sensi art. 22 del CAD, la conformità della copia informatica (scansione) al documento analogico (cartaceo)?

    L'esemplare dell'atto notificato da restituire al notificante era, almeno prima che il messo vi apponesse la relata di notifica, una copia analogica dichiarata (dal messo) conforme all'originale informatico (pervenutoci via PEC). Ritieni anche tu che l'apposizione della relata di notifica sulla copia analogica renda questa un «nuovo» originale, onde evitare che in sede di restituzione si tratti di copia (informatica) di copia (analogica)?

    Riguardo a «firmare digitalmente un unico file», presumo che tu intenda un unico file che comprende quello costituito dalla copia informatica (ossia la scansione per immagine dell'atto corredato della relata di notifica, destinato al notificante) e quello contenente l'attestazione della sua conformità all'originale. In pratica come fai a fare questo unico file? Metti entrambi in un file zip? O crei (stampi in) un unico pdf l'uno e l'altro?
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    Il problema sussiste in quanto, se la relata deve, come deve, riferire né più né meno le azioni svolte in concreto dal messo per tentare la consegna e, a tal fine, cercare l'interessato presso l'abitazione, ecc., l'eventuale omesso sopralluogo dovrà risultare... e tale omissione sembra in aperto contrasto col fatto che l'art. 143 "presuppone SEMPRE e COMUNQUE che, NEL LUOGO di ultima residenza nota, siano compiute effettive ricerche e che di esse l'ufficiale giudiziario dia espresso conto" (cfr Cassazione, 24107/2016). Purtroppo chi fa leggi ed emette sentenze non sembra sempre dotato di senso pratico...

    Forse mi sono già risposto da solo, comunque chiedo anche a voi...
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    Ci sono persone che abbandonano il luogo di residenza e si trasferiscono altrove, in altro territorio, senza lasciare notizie sulla loro nuova destinazione. L'abbandonoè definitivo anche perché l'abitazione risulta ora occupata da altra famiglia che afferma di non conoscere i precedenti occupanti. Il fatto viene anche confermato dall'ufficio anagrafe, che però non può provvedere immediatamente ai dovuti aggiornamenti (specie in caso di irreperibilità) a causa dei tempi dei procedimenti anagrafici. Nel frattempo capita che il messo comunale riceva, magari da enti diversi, continue richieste di notificare atti alla medesima persona che si trovi in una situazione analoga a quella descritta.

    Di fatto, lato messo, "non sono conosciuti la residenza, la dimora e il domicilio del destinatario", quindi è scontata l'applicazione dell'art. 143 del c.p.c., ma le richieste di notificargli atti si susseguono. Il messo sa che, "di regola", dovrebbe recarsi "presso la casa di abitazione", ecc. ma sa anche che in questo caso è tempo sprecato, anzi rischia di tediare in modo imbarazzante i nuovi occupanti dell'ex abitazione del destinatario, i quali gli han già detto e ripetuto che non conoscono quella persona.

    Come vi regolate? Continuate a fare sopralluoghi all'infinito? Se no (cioè se dopo averlo fatto varie volte smettete di recarvi "presso la casa di abitazione"), cosa scrivete nella relata di notifica?
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    E' possibile che l'ufficiale d'anagrafe sia (ancora) convinto che l'affissione all'albo del provvedimento di cancellazione anagrafica per irreperibilità sia prevista dall'ordinamento e che contribuisca - idea peraltro non peregrina - a far giungere all'interessato la notizia della sua sopravvenuta non-posizione anagrafica.

    A mio avviso, nel momento in cui l'ufficiale d'anagrafe si rivolge al messo per notificare un atto, questi deve procedere attenendosi al codice di procedura civile, restando del tutto esclusi qualsivoglia giurisdizione o influenza di enti/uffici "altri" nel procedimento notificatorio. Il fatto che si tratti di un provvedimento di cancellazione per irreperibilità non credo esima il messo dal ricercare l'interessato sul territorio, nell'esercizio delle sue (del messo) specifiche prerogative. Infatti, anche senza considerare che presupposti e procedure dell'irreperibilità anagrafica non sono esattamente gli stessi dell'irreperibilità per le notifiche (quante volte il messo applica l'art. 143 nei confronti di cittadini ritiene irreperibili assoluti ma che per l'anagrafe non sono tali, o non lo sono ancora, almeno fino alla definizione dei relativi procedimenti pendenti?), il messo non può escludere a priori la possibilità di incontrare il destinatario (o altre persone legittimate a prendere in consegna l'atto) presso quella che l'anagrafe considera la sua ex "dimora abituale", oppure "ovunque lo trovi" nel territorio di competenza.

    Se poi, come probabile, anche ai fini della notifica si constaterà l'irreperibilità assoluta del destinatario, il messo agirà di conseguenza, ma astenendosi dal compiere azioni diverse o non previste dall'art. 143, quali pubblicazione di avvisi, buste o altro. Nel caso che l'anagrafe insista per pubblicare all'albo, ne farà richiesta producendo l'atto da pubblicare e specificando il periodo di pubblicazione; dopodiché, se caso, si procederà, ma al di fuori della notifica e sotto la sua (dell'anagrafe) responsabilità.
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    L'art. 17 del CCNL 01/04/1999 dice che le risorse dell'art. 15, cioè quelle per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività, sono utilizzate anche per ... (lett. i) << Compensare ... le funzioni di ufficiale giudiziario attribuite ai MESSI NOTIFICATORI ... >>

    L'art. 54 del CCNL 14/09/2000 dice: << Gli enti possono verificare, in sede di concertazione, se esistano le condizioni finanziarie per destinare una quota parte del rimborso spese per ogni notificazione di ATTI DELL’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA al fondo di cui all’art. 15 del CCNL dell’1.4.1999 per essere finalizzata all’erogazione di incentivi di produttività a favore dei MESSI NOTIFICATORI stessi >>

    Altro non saprei dire, ma non sono aggiornato in materia di personale
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    Quanto al rimborso dovuto al Comune per le notifiche eseguite su richiesta e per conto di altre PA non si dovrebbero fare distinzioni: il relativo obbligo riguarda tutte le PA di cui all'art. 1, comma 2, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165. Invece quanto al salario accessorio eventualmente spettante al messo comunale per il lavoro svolto, direi che si debba fare riferimento agli atti interni del Comune da cui il messo dipende.
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    Anche nel nostro comune detti decreti di cittadinanza arrivano dalla Prefettura che, rivolgendosi al Sindaco, ne chiede a volte la "consegna" e altre volte la "notifica" all'interessato. Nella realtà si fa sempre la notifica: lo prevede l'art. 10 della legge 91/1992 che fissa nella data di notifica l'inizio dei 6 mesi entro i quali l'interessato deve prestare giuramento di fedeltà alla Repubblica. Quindi sul piano pratico il messo comunale provvede alla notifica di questi decreti sempre su richiesta dell'ufficio comunale di stato civile. Ma il procedimento, che si conclude appunto con il decreto di concessione della cittadinanza, è di competenza della prefettura, che poi come detto delega gli ultimi passaggi (regolarizzazione del decreto ai fini dell'imposta di bollo, consegna/notifica del decreto all'interessato, restituzione a questi della documentazione da lui presentata per ottenere la cittadinanza) al comune. Mi chiedo se, ai fini delle richieste di rimborso, queste notifiche si debbano considerare come eseguite per conto della Prefettura o dell'ufficio comunale di stato civile, perché nel primo caso va chiesto il rimborso, nel secondo no. Come vi comportate nei vostri comuni?
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    Forse i ruoli avrebbero dovuto invertirsi: i Carabinieri avrebbero dovuto motivare la richiesta di un adempimento non previsto dalla legge.
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    Secondo me è preferibile che nel protocollo in partenza resti acquisita, oltre ovviamente alla scansione della lettera cartacea di restituzione, anche la pagina (almeno quella) contenente la relata. Questa, la relata, è un vero e proprio atto formato da un organo del comune (messo) quindi mi sembra opportuno che il comune ne conservi almeno copia (scansione). In caso contrario, a meno che il messo non ne faccia una fotocopia per sé, realizzando un archivio più o meno clandestino (con implicazioni privacy), l'ufficio notifiche rischia di spogliarsi di ciò che rappresenta/costituisce la prova di quanto attestato dal messo comunale tramite la relata di notifica, nella misura in cui il relativo registro non ne prevede l'acquisizione in copia/scansione.
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    Riguardo alle disposizioni impartite o che saranno impartite dal dirigente bisogna considerare un aspetto, credo. Un conto sono le disposizioni organizzative (chi svolge le funzioni di messo, come sono distribuite fra i messi, chi va in ferie e quando, giudizi sul rendimento, ecc.), un altro conto sono disposizioni procedurali (cosa fa il messo quando esegue una notifica). Le prime competono al dirigente. Le seconde competono alla legge. Dell'osservanza delle seconde chi risponde? Cioè chi va in grane se la notifica è eseguita male? Il messo che ha applicato la legge e firmato la relata o il dirigente che ha "legiferato" su come si esegue la notifica? Faccio un esempio volutamente iperbolico. Supponiamo che il dirigente, valendosi dell'autorevole parere dell'avvocato interpellato, stabilisca che la raccomandata AR art. 140 non si invia più e che il messo si attenga a tale disposizione. Fatta salva l'eventuale responsabilità del dirigente che ha impartito tali disposizioni, potrà il messo chiamarsi fuori dalle conseguenze di una tale omissione? Io dico di no, perché la responsabilità, a mio modo di vedere, è solo di chi ha la funzione di notificare e, pertanto, mette la firma sulla relata notifica.
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    L'art. 1, comma 2, del DM economia e finanze 03/10/2006 prevede che al comune spettano (anche) le "spese di spedizione a mezzo posta raccomandata CON AVVISO DI RICEVIMENTO secondo le tariffe vigenti, nelle IPOTESI PREVISTE DALL'ART. 140 del codice di procedura civile".

    In certi casi la raccomandata è semplice, cioè SENZA avviso di ricevimento, inoltre detti casi non rientrano nelle ipotesi previste dall'art. 140 del c.p.c., infatti sono disciplinati dall'art. 139, comma 4, del cpc (consegna a portiere o vicino) e dall'art. 60, comma 1, lettera b-bis, del DPR 600/1973 (consegnatario diverso da destinatario atto).

    Ciò premesso, le spese sostenute per l'invio di tali raccomandate SEMPLICI, cioè SENZA avviso di ricevimento, vanno o non vanno incluse nell'importo di cui chiedere il rimborso all'ente per conto del quale è stata eseguita la notifica?
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    Secondo la Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 14 febbraio 2014, n. 3552, un tale esito implica la nullità della notifica: "... l'attestazione postale doveva quanto meno ingenerare il dubbio dell'effettiva corrispondenza delle risultanze anagrafiche alla realtà, e indurre al rinnovo della notifica, se necessario nelle forme dell'art. 143 c.p.c. ..."
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